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La mafia è stata definita uno Stato nello Stato, una piovra tentacolare che è capace di penetrare in qualsiasi attività economica, anche illegale, per corromperla e inquinarla. A partire dagli anni Settanta il potere mafioso pianifica una serie di delitti per contrastare il lavoro delle persone impegnate a smascherarne gli ingranaggi. Molti magistrati verranno uccisi per bloccare le indagini o per punirli di aver firmato ordini di cattura nei confronti di mafiosi.

INTERVISTA FATTA AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA ROBERTO SCARPINATO
Il rapporto tra politica e mafia è certamente uno degli aspetti più inquietanti e controversi del fenomeno mafioso e della storia delle forze politiche e delle istituzioni del nostro Paese. Nonostante l’abbondante produzione di materiali sull’argomento, non possiamo dire che finora il tema sia stato adeguatamente affrontato in tutte le sue implicazioni. I concetti impiegati per designare i rapporti tra politica e mafia e viceversa sono spesso generici o inadeguati.

MAFIA, CORRUZIONE E SPESA PUBBLICA
Oggi la vera zavorra dell’economia del meridione e dell’Italia, non sono tanto le azioni criminali delle mafie, quanto le azioni di “mafio-corruzione”, cioè l’intreccio tra la mafia e il mercato. La Mafia non costituisce soltanto un problema di ordine pubblico, ma incide fortemente sull’economia del Paese sottraendo disponibilità economiche alla collettività, ai servizi, alle opere pubbliche e agli investimenti. La corruzione viene oggi finanziata con tagli dello stato sociale, che portano alla riduzione del reddito dei cittadini con conseguente riduzione della capacità di spesa per i consumi. Il risultato è la contrazione del mercato. Quindi la mafio-corruzione non è solo un fatto morale o giuridico, ma ha effetti macroeconomici e sta aggravando la recessione economica.
Più in generale esiste un effetto deprimente sull’apparato produttivo, perché la corruzione altera la concorrenza tra le imprese ed è collegata a un altro grave reato economico: il falso in bilancio, necessario per accantonare somme in nero da utilizzare come mazzette. Al reato di corruzione sono collegati altri due reati: il clientelismo e il voto di scambio. Le mafie vogliono che i politici collusi garantiscano assunzioni e appalti. D’altra parte i politici corrotti e clientelari, si aspettano i voti controllati dalle mafie per ottenere la vittoria elettorale. In altri termini, la corruzione e il clientelismo rappresentano il terreno di incontro tra mafie, politica e pubblica amministrazione, nonché, per le mafie, la porta d’ingresso negli enti dello Stato. Clientelismo, affarismo e corruzione rendono gli apparati dello Stato permeabili e condizionabili alle richieste delle famiglie mafiose. La triangolazione mafia – politica – pubblica amministrazione, si avvale sempre di corruzione, clientelismo e voto di scambio.

MAFIA E STATO SOCIALE
Nel corso dell’intervista è stato anche sottolineato come il ridursi dello stato sociale (assistenza, sussidi, lavoro) stia alimentando la nascita d’iniziative mafiose che tentano di sostituirsi a quelle dello stesso stato sociale. Ascoltando e soddisfacendo bisogni ed esigenze, la mafia cerca il consenso, rimpiazzando l’assenza dello Stato, per raggiungere in realtà fini illeciti, contro l’interesse della collettività. Esiste un welfare parallelo in tutta Italia, a pagarlo sono le mafie. Scendere a patti con i clan garantisce opportunità di reddito, dal lavoro alla casa. Tutte le volte che lo Stato e le istituzioni arretrano, le mafie avanzano e creano consenso sociale. Così molti preferiscono rivolgersi ai clan, come si fa agli uffici di collocamento. Esiste poi il welfare sulla salute, fatto di tangenti e corsie preferenziali che riduce le liste d’attesa, il welfare ai detenuti, che serve a pagare gli avvocati, a tenere in piedi le loro famiglie e chi gli sta vicino. La mafia è uno stato sociale di convenienza e che non dimentica di farsi pagare il conto da chi ha inteso affidarvisi.

“POLITICA E MAFIA SONO DUE POTERI CHE VIVONO SUL CONTROLLO DELLO STESSO TERRITORIO: O SI FANNO LA GUERRA O SI METTONO D’ACCORDO”
-PAOLO BORSELLINO-

A questa intervista associo la carta Visibile/invisibile perché come spiega la ricerca non basta indossare una giacca con una cravatta per essere degli uomini onesti, anzi pare che gran parte degli uomini corrotti indossino proprio questi indumenti.
Nel 21° secolo la maggior parte della gente si basa solo sull’apparenza, si ferma sugli indumenti indossati dalle persone e sulla prima impressione, fissando così dei canoni in cui chi non rientra non viene considerato come una persona degna di nota o di considerazione. Come dice il proverbio, l’apparenza inganna, non tutto è come lo vediamo se non decidiamo di vederlo in tutta la sua integrità. A volte abbiamo un’errata considerazione degli individui che vagano per le nostre strade, condizionati dal loro abbigliamento, invece i veri criminali sono a capo del nostro Paese.

Giuseppina C.

ITIS M.M.Milano

4E

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