Le mafie seguono un “codice d’onore” che, sebbene venga chiamato tale, non ha nulla a che vedere con principi etici o morali universali. Piuttosto, si tratta di un insieme di regole informali che disciplinano il comportamento dei membri all’interno dell’organizzazione, come il rispetto tra affiliati, la segretezza, la vendetta verso chi tradisce e la protezione dei segreti del gruppo. Questo “codice” serve principalmente a garantire il controllo, la coesione interna e la sopravvivenza dell’organizzazione, ma non ha alcuna valenza positiva o giusta dal punto di vista sociale o giuridico.La cultura mafiosa e i codici che la accompagnano si trasmettono spesso da una generazione all’altra. Le nuove generazioni di mafiosi apprendono non solo le pratiche criminali, ma anche i valori e le tradizioni che giustificano l’illegalità e la violenza. La continuità di queste pratiche dipende molto dal contesto sociale, economico e familiare, e le mafie tendono a riprodurre se stesse nel tempo attraverso legami familiari e comunitari che sono alla base della loro struttura.Tuttavia, la trasmissione di questi codici culturali non è immutabile. Inoltre secondo me l’interruzione della catena mafiosa da una generazione all’altra è possibile, soprattutto grazie a fattori come l’azione delle forze di legge, la diffusione di una cultura della legalità, il miglioramento delle opportunità economiche e l’evoluzione sociale. Il cambiamento nel contesto socioeconomico, l’accesso a nuove opportunità e la consapevolezza dei danni causati dalla criminalità organizzata possono ridurre l’appeal delle mafie per le nuove generazioni. Inoltre, dissidi interni, tradimenti o la cooperazione con le autorità possono indebolire l’organizzazione e interrompere la trasmissione dei suoi codici. In sintesi, le mafie seguono un “codice d’onore” che serve a tutelare il loro potere, ma questo non è un codice morale, bensì una serie di regole funzionali all’organizzazione.