Il termine mafia è utilizzato per individuare un fenomeno tipicamente siciliano ed è riferibile a una forma di associazione criminale, unitamente a una precisa mentalità e a un codice comportamentale ben definito. I modelli di mafia raffigurati in prevalenza sono due: la mafia come associazione criminale tipica e la mafia come impresa. L’art. 1 terzo comma della legge 13 settembre 1982, n. 646 (cosiddetta legge antimafia) recita: «l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per Nel periodo successivo all’unità d’Italia la mafia completò il proprio processo di istituzionalizzazione; il fenomeno venne sottovalutato dal governo centrale e ciò favorì l’accordo tra politici locali e mafiosi, accordo attraverso il quale i primi si assicurarono il consenso elettorale e i secondi ottennero la gestione della riscossione dei tributi. In questo modo i mafiosi ebbero il potere di incidere sulle finanze dei comuni e sulle forze di polizia, condizionandone l’attività investigativa. Poterono inoltre ricorrere alla forza violenta delle cosche per sconfiggere il brigantaggio. Tutti questi fatti consentirono alla mafia la pe come mettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri». La definizione legislativa individua ormai solo in parte la complessità del fenomeno: se da un lato ne coglie, e punisce, l’ingerenza nelle attività di impresa, dall’altro trascura uno degli aspetti che, negli ultimi anni, ha maggiormente caratterizzato l’attività mafiosa, ovvero l’attività finanziaria.

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