Un ragazzo entra nella sua classe dopo aver effettuato una denuncia per violenza e viene disprezzato e respinto dai compagni che lo etichettano come “traditore”. Mentre il professore tenta di far ragionare gli alunni, vengono sostenute celebri convinzioni mafiose: “la mafia è bene”, “la mafia è giusta”, “meglio crepare che tradire”, “non è paura, è rispetto”. In particolare uno studente, figlio di un esponente mafioso, incoraggia i compagni a ripetere in coro “Mafia!” e questi non si fermano, nonostante le sollecitazioni dell’insegnante, finché il “capobanda” non ne fa cenno.
Poi, il docente ammutolisce i ragazzi mettendo dinanzi ai loro occhi la realtà: i ricatti, gli omicidi, la distruzione dell’ambiente dell’isola, la violenza psicologica con cui la mafia inculca ideali sbagliati nella mente dei ragazzini e la vigliaccheria del nascondersi dietro un’organizzazione maggiore, prevaricando sugli altri con la violenza.
A mio parere, questo filmato è la concretizzazione della contrapposizione tra l’immagine di giustizia e vantaggiosità della mafia e la realtà di questa; tra la forza derivante dalla violenza e dalla paura e quella derivante della parola, utilizzata per aprire le menti e far ragionare i giovani.
I ragazzi hanno della mafia un’idea positiva: essa sostiene valori onorevoli, come la fedeltà o la giustizia; è responsabile di fornire l’acqua e costruire abitazioni, dunque le si deve molto. Questo pensiero è frutto sia del terrore sia di un credo insito nella cultura locale.
L’unico posto che può far cambiare le loro convinzioni è la scuola: finalizzata a far sviluppare ai ragazzi il proprio pensiero critico, a dare loro il coraggio di separarsi dalla massa, a spronarli nel far sentire la loro voce.
Ho trovato questo filmato cercando su Youtube le parole chiave “mafia”, scuola, “film”.
Mi è rimasta impressa la mancanza di rispetto e timore, dei giovani mafiosi nei confronti dell’autorità, rappresentata dal professore.