Il rapporto tra mafia italiana e appalti è stato fondamentale nella costruzione del potere della mafia in Italia, soprattutto per quanto riguarda la gestione illecita del sistema di aggiudicazione degli appalti pubblici in tutte le regioni d’Italia. Questa attività mafiosa è servita sia per l’accumulo di enorme ricchezza sia per esercitare il controllo prepotente e violento sul territorio. Infatti il controllo degli appalti pubblici è utilizzato dai delinquenti mafiosi per fornire lavoro nero e non per fornire rapporti di lavoro regolari. In questo modo viene messo sotto controllo non solo l’appalto ma anche la gestione del lavoro e l’acquisto delle materie prime. Ha anche favorito la corruzione nelle pubbliche amministrazioni e ha accresciuto l’associazione della classe politica con i gruppi mafiosi.
A partire dagli anni del boom economico (anni ‘80), la mafia inizia a diventare essa stessa un’impresa commerciale: il mafioso diventa imprenditore e inizia ad operare in regime di quasi monopolio. Durante tutte le fasi dell’appalto, le organizzazioni mafiose cercano di ricorrere alla violenza il meno possibile, per non destare l’attenzione delle autorità e si cerca un approccio più corruttivo che prepotente o violento. I fondi nascosti destinati alle tangenti per i politici e gli amministratori vengono spesso prodotti con l’emissione di fatture false per operazioni inesistenti. A sua volta, il profitto derivato dall’esecuzione dei lavori serve all’organizzazione criminale per essere reinvestito nell’economia legale o in nuove attività illecite.