Il lavoro è l’elemento cruciale che ha spinto le mafie a prendere possesso di intere città o regioni. La mancanza di un lavoro ben retribuito e la disperazione di migliaia di famiglie sono terreno fertile per le criminalità organizzate. Queste illudono il singolo che lavorando secondo le loro regole sia possibile avere molto più di quello che potrebbe offrire lo Stato, e in tempi sicuramente minori. Chi cade nel circolo vizioso dei “soldi facili”, finisce per essere sottomesso, proprio come uno schiavo. Questi signori che credono di essere degli imprenditori hanno macchiato profondamente il vero significato della parola “lavoro”, dissociandolo completamente dalla definizione data dalla Costituzione.
Un fenomeno che va estendendosi nel nostro Paese in questo periodo, ma che è sempre stato presente, è il capolarato, che vede come protagonisti gli immigrati. Queste persone non vengono trattate come tali. Sono costrette a lavorare più di 12 ore , sotto il sole cocente delle campagne, senza alcuna supervisione o sicurezza. E’ inutile dire che le tragedie sono state tante, e ancora continuano ad esserci, ma non mancano gli spiragli di luce. Con la legge 199/2016 sono state introdotte delle modifiche al quadro normativo penale, per rendere più efficace l’azione di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo. Tra le varie novità, sono state introdotte la sanzionabilità del datore di lavoro, l’attenuante in caso di sua collaborazione con le autorità, l’arresto obbligatorio in caso di flagranza di reato e il rafforzamento dell’istituto della confisca. Oltre alla riformulazione della fattispecie penale, ora equivalente a una reclusione da 1 a 6 anni insieme a una multa tra i 500 e i 1000 euro per ogni lavoratore reclutato.

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