Le mafie comunicano tramite “Pizzini”, intercettazioni, lettere di scrocco, testimonianze attentati,, in modo da creare un tessuto complesso di significati nascosti, un linguaggio “detto-non detto”, dove non ci si deve mai fermare al primo livello di lettura. A seguito di una ricerca, realizzata nel pieno rispetto della privacy, questa ha dimostrato che l’utilizzo dei social network rende trasparenti i processi di comunicazione delle mafie in cui “fan” promuovono il “brand” attraverso un’estetica del potere che esalta il lusso e l’onore, e quindi il successo dell’organizzazione anche attraverso il ricordo di chi ha dato la vita e di chi ha patito il carcere per giungere a questo risultato. Emoticon, post, contenuti condivisi, hashtag, meme e canzoni si strutturano all’interno di un discorso gergale che raggiunge la superficie delle piattaforme social divenendo elementi di corredo che spingono l’interpretazione del messaggio nel verso del sentire mafioso.