La catena dei codici culturali delle mafie si può interrompere da
generazione a generazione?

In questo video vengono intervistati due figli che hanno un destino in comune e cioè avere un padre boss della malavita.
Mi hanno colpito molto i racconti di entrambi, anche se per aspetti diversi.
Nella prima intervista è evidente la consapevolezza e la rassegnazione di dover sottostare alle regole, al codice della mafia.
Significative sono le parole: “o catene o campare”, cioè “o prigione o tomba”, infatti secondo la cultura della mafia il clan non si puo’ lasciare e le alternative possono essere solo la morte o la prigione.
Nella seconda intervista, invece c’è la volonta’ di contrastare la mafia, perchè considerata un male, e l’orgoglio da parte del figlio quando viene a conoscenza che il padre ha trovato il coraggio di collaborare e quindi denunciare.
Questo atto viene considerato dall’intervistato come il momento della rinascita, della salvezza, della liberazione da quelle catene.
In entrambi i casi pero’ la mafia ha mietuto le sue vittime, infatti i due figli non sono piu’ vicini ai loro padri e comunque su di loro regnera’ sempre lo spettro della mafia.
Ho trovato questo video su YUOTUBE e ho usato le parole chiave: denuncia, regole e legami.
Mi piacerebbe fare ulteriori ricerche e conoscere le storie di altri figli di mafiosi per capire cosa ha comportato far parte di queste famiglie, quello che hanno perso, quello a cui hanno dovuto rinunciare e quali sono state le ripercussioni nella loro vita.

Guarda gli altri contenuti di Flavio Bo