La storia di questo bambino è molto triste. Morì quando aveva solamente 12 anni. In pratica, lui faceva parte di una famiglia molto povera che, in un periodo, aveva bisogno di soldi per poter pagare il matrimonio del primogenito e Iqbal, avendo un cuore grandissimo, fece una cosa che poi lo portò in una vita di schiavitù. Cosa fece? Lavorò, costretto, in una fabbrica di mattoni e, dopo un po’ di tempo, all’età di 5 anni, la vendette a un proprietario di una fabbrica di tappeti per 12 dollari. Lui e molti altri bambini venivano picchiati, sfruttati e lavoravano per dodici ore di continuo: era veramente una vita disumana! Lui cercò molte volte di scappare, ma non ci riuscì perché le autorità lo riportavano sempre nello stesso posto. Però, nella primavera del 1992, riuscì finalmente a uscire di nascosto e a liberarsi dal lavoro schiavizzato. Grazie a un sindacalista, lui non va più nella fabbrica di tappeti, ma continua a studiare: il suo sogno da tutta la vita. Dopo un po’ di tempo, Iqbal disse del suo capo: “Non ho paura del mio vecchio capo, è lui che ha paura di noi, della nostra ribellione”. Dice anche che gli unici strumenti che deve tenere in mano un bambino sono la penna e la matita e che, da grande, voleva fare l’avvocato per poter difendere tutti i bambini sfruttati. Però, il 16 aprile del 1995, la domenica di Pasqua, mentre andava alla messa, lo uccisero con una raffica di proiettili. Fu ucciso perché i mafiosi che gestivano il commercio dei tappeti si sentivano minacciati da questo bambino.
Per me questa storia è molto triste e penso che lo sfruttamento minorile sia la cosa più brutta che possa esistere sul pianeta Terra. La cosa che mi ha colpito di più nel video è quando il signore che racconta la storia di questo bambino dice: “L’hanno trovato in una chiazza di sangue e nella taschina della camicia c’era un’immagine di Gesù e nella Bibbia, che teneva in mano prima che lo uccidessero, aveva segnato con un segnalibro una parte che lo aveva toccato”.
