La scuola, i giornali e la chiesa condannano (o almeno dovrebbero) l’esistenza della criminalità organizzata, educando soprattutto i giovani a non lasciarsi ammagliare dall’immagine idealizzata che la mafia ci comunica. Per molti, la mafia si presenta come una vera e propria azienda, in cui vige un forte sentimento di “unione famigliare”: rimanendo fedele al contratto, l’impiegato otterrà una paga che nessun altro datore di lavoro potrà offrirgli, ma se gli accordi non vengono rispettati, l’azienda provvederà ad eliminare, letteralmente, il problema.
Altri, invece, (soprattutto per chi vede la mafia come qualcosa di troppo lontano dalla propria realtà) associano la mafia al mondo romanticizzato da Hollywood, dai romanzi, dalle serie tv e persino dalla musica, che pur di attirare l’attenzione del pubblico, giocano su un argomento molto più serio rispetto a come viene rappresentato. La figura del mafioso viene idealizzata come un uomo affascinante, astuto, intelligente e dedito alla famiglia. Tutto ciò, sta plasmando la vera identità della mafia, rendendola attraente, quando in realtà non lo è per niente: la mafia è solo morte, oppressione e illegalità.
Le mafie hanno macchiato gli italiani con la loro reputazione spregiudicata: l’italiano è automaticamente associato al mafioso, in tutto il mondo. Per quanto possa sembrare una realtà così lontana dalla nostra, la mafia comunica continuamente, anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Basti pensare ai frequenti scandali politici o ai soliti episodi criminali di quartiere. Sì, la mafia comunica, ma spetta a noi decidere se rispondere o meno.

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