Le mafie, nell’era digitale, hanno trovato nei social media un potente strumento per comunicare, propagandare e rafforzare la propria immagine. Piattaforme come TikTok, Instagram, Facebook e YouTube vengono utilizzate non solo per mantenere relazioni tra affiliazioni, ma anche per diffondere una narrazione che esalta il “brand mafia”. Questa narrazione si costruisce attorno a un’estetica del potere che celebra il lusso, l’onore e il successo dell’organizzazione, trasformando i boss in figure idolatrate e romantiche.
Attraverso i social, le mafie adottano un linguaggio ricco di simbolismi, in cui elementi come emoji e hashtag assumono significati particolari. Ad esempio, il leone rappresenta coraggio e onore, mentre il cuore nero simboleggia il lutto o la pericolosità di un individuo. Anche le canzoni trap e neomelodiche diventano strumenti comunicativi per esaltare valori mafiosi e raccontare storie che rafforzano l’identità criminale.
Le mafie utilizzano i social per esibire il loro potere. Foto di auto di lusso, gioielli, vacanze esclusive e feste sfarzose diventano contenuti che rafforzano l’immagine di successo e privilegio. Persino elementi come il braccialetto elettronico, indossato da chi è agli arresti domiciliari, vengono mostrati come simboli di fedeltà e forza, trasformando la restrizione in un atto di devozione al clan.
Inoltre, i social servono a perpetuare la memoria dei boss del passato, come Totò Riina o Bernardo Provenzano, presentandoli non come criminali, ma come eroi e martiri di una causa. Questa mitizzazione, in particolare su TikTok, ha un impatto profondo sulle giovani generazioni, che non vissuti hanno la violenza e le stragi degli anni passati. La percezione della mafia si allontana così dalla brutalità storica, assumendo una dimensione quasi romantica.
I contenuti condivisi non si limitano all’autocelebrazione, ma spesso sfidano apertamente lo Stato, minacciano i nemici o mostrano alleanze e potere.