Tita Buccafusca è la figlia di una famiglia di pescatori, che nel 1985
conosce Pantaleone Mancuso, detto Luni Scarpuni, boss di una delle
più sanguinarie cosche Calabresi, che decide di sposare.
Forse non sapeva che quella scelta avrebbe condizionato tutta la sua
vita, ma pian piano capisce che suo marito era un mafioso e le morti
dei familiari e la sua condizione di vita la spingeranno nel tunnel di una
forte depressione, da cui riuscì ad uscire nel 2010, quando diventò
madre. La nuova condizione di genitori la spinge a voler cambiare vita;
Il 14 febbraio del 2011 decide persino di denunciare il fatto che nella sua
pescheria giravano un giro losco di affari gestiti dal marito, che avvisò
del suo intento di voler collaborare con la giustizia.
Vuole denunciare ma fa un passo indietro, così decise di tornare sui
suoi passi, di tornare a casa dal marito.
Purtroppo il 16 aprile arriva ai carabinieri una strana telefonata: il
marito avvertire i carabinieri del tentato suicidio della moglie che morì
poco per aver ingerito dell’ acido muriatico.
Questa storia ci fa pensare che il legame di mafia è considerato come
un legame di sangue che non si può spezzare, a quanta omertà ci sia
da parte dei malavitosi anche nei confronti delle proprie donne; invece,
di proteggerle le uccidono.
Tita è stata sfortunata nella sua vita solo perché si è innamorata in quel
lontano 1985 dell’uomo sbagliato e perché non ha avuto il coraggio di
scegliere, fino in fondo, una strada diversa per sé e per suo figlio.

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