le mafie creano una catena di sfruttamento del lavoro.
All’inizio della catena dello sfruttamento ci sono i titolari delle imprese: in base all’attività viene richiesta una percentuale dei guadagni, IL PIZZO, viene detto che questi soldi vengono dati in cambio di protezione dai mafiosi ma i mafiosi sono gli stessi che chiedono i soldi. Per fortuna gli imprenditori stanno iniziando a denunciare, liberarsi da questi taglieggiatori costa molto, alcuni sono costretti a chiudere le attività, altri vivono nel terrore per la loro vita e quella dei propri famigliari.
Un altro “lavoro” controllato dalla mafia è lo sfruttamento degli immigrati nelle coltivazioni: questo è il caporalato: gli immigrati arrivano in Italia gli viene concesso l’alloggio (per lo più baracche), gli viene ritirato il passaporto e sono costretti a lavorare 10/ ore al giorno per una paga oraria che non supera quasi mai i 4 Euro/ora.
Quello che fa rabbrividire è che in busta paga vengono conteggiate 10/ 12 ore nell’arco di un mese mentre sono le ore giornaliere. La mafia sfrutta la disperazione di queste persone per riciclare il denaro sporco sfruttandoli e facendoli vivere in baracche che in alcuni casi non hanno acqua, fogne e le cose essenziali per dare un po’ di dignità a questi lavoratori.