La mafia in Romagna con i suoi clan provenienti dalla Sicilia, Calabria e dalla Campania è presente sin dal 1960, questo lo dimostrano i tremila sorvegliati speciali e indagati in questi anni.
Il feudo cutrese si è infiltrato in Romagna e in Emilia, mentre a Modena è presente quello dei casalesi, essi negli anni hanno fatto affari reinvestendo i capitali illeciti nel silenzio, hanno effettuato anche reati “spia”, estorsioni, usura e tanto altro.
Nel tempo è avvenuto un vero e proprio radicamento e non una semplice infiltrazione, lo ha dimostrato l’inchiesta Aemilia durata tanto tempo.
Soffermandomi nello specifico della mia città, Rimini, la mafia è una presenza che riesce a passare inosservata, ma quasi, si vedono solo i reati spia, segno della sua familiarità col territorio.
Franco La Torre è una figura importante del movimento antimafia, impegnato da anni al suo contrasto, e figlio di Pio, sindacalista e politico ucciso da Cosa nostra il 30 aprile 1982 dopo aver proposto la legge che introduceva il reato di associazione mafiosa.
La Torre Franco ha parlato alla presenza del sindaco di Santarcangelo Alice Parma, si è rivolto direttamente alle istituzioni Romagnole dicendo che la gente non denuncia, ma sa, ha paura e si comporta come i siciliani di 20/30 anni fa.
Mi colpisce quando dice che non è piacevole prendere coscienza di avere una malattia, ma i bravi medici insegnano che le malattie vanno affrontate a viso aperto, l’assenza del coraggio rende le persone più fragili.
Nella nostra terra la mafia la riconosci se la conosci perché essa investe e compra, non spara e uccide come una volta, ma comunque esercita le sue attività illecite.
Non si deve girare la testa dall’altra parte perché si deve difendere il patrimonio straordinario del nostro paese, in quanto i nostri antenati si sono impegnati nel realizzare tutto quello di cui oggi ne andiamo orgogliosi.