Ignazio Cutrò è un imprenditore di Bivona (Sicilia, zona di Agrigento) che ha denunciato con forza e coraggio per la prima volta la Mafia nel 1999, quando si è recato dalle forze dell’ordine perché persone ignote gli avevano bruciato una pala meccanica. Ha messo in gioco la sua vita e quella della sua famiglia, nonostante minacce e intimidazioni.
Nel 2006 è diventato testimone di giustizia e presidente dell’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia. La sua è una battaglia personale contro la Mafia, ma si batte anche per i diritti di chi è un confidente di giustizia, quelli che i mafiosi chiamano “infami”, perché rivelano i loro loschi traffici.
Nel 2017 ha rinunciato alla scorta personale perché lo Stato non ha più dato la stessa protezione alla sua famiglia. Gli hanno proposto di trasferirsi in un altro luogo segreto, ma si è rifiutato, perché pensa che lo Stato non protegge in modo adeguato i suoi cittadini. Lui vuole restare nella propria terra e, da quando ha rinunciato alla scorta, si definisce “un morto che cammina”. Ha scelto di proteggersi da solo, pur di non lasciare la propria terra.
Ammiro Ignazio e i suoi familiari perché potevano accettare la proposta dello Stato, rifarsi una vita, cambiare identità, ricominciare da un’altra parte, avere un nuovo inizio, ma lui è rimasto con orgoglio e coraggio.
Vuole vivere dove è nato, non si arrende (min. 3:18-4:00). Difende con i denti il suo diritto di rimanere nella sua terra perché dice: “non sono le persone oneste a dover essere portate via, ma i mafiosi”.
Penso che sia giusto quello che dice: lo Stato deve difendere i suoi cittadini.
Ignazio ci ricorda che lo Stato siamo anche noi, per questo chiede a tutti gli imprenditori e commercianti di denunciare, di non aver paura.
Anche noi ragazzi possiamo prenderci questo piccolo impegno raccontando quello che stiamo capendo con Schermi in classe.