Il lavoro , dice Charles Darwin, nobilita l’uomo. Il lavoro, infatti, è una colonna portante nella storia dell’uomo. Ma quando si parla di mafie, invece, al posto di sottolinearne l’illegittimità o il fatto che sia un’associazione criminale, si individua più facilmente il tipo di lavoro che offrono. Ad una visione superficiale, infatti, si potrebbe pensare, alla fin fine, che le mafie, a qualcuno, danno lavoro o per lo meno, un reddito.
Innanzi tutto, la mafia non dà lavoro. Di frequente si tende a pensare che le mafie diano lavoro solo perché pagano alcune persone. Ma chi viene pagato dalla mafia, può chiamare i suoi servigi un lavoro?
Prendendo in considerazione un esempio concreto, si può analizzare l’ecomafia, neologismo coniato dall’associazione ambientalista Legambiente per indicare le attività illegali delle organizzazioni criminali, di tipo mafioso, che arrecano danni all’ambiente.Attività spesso attribuite a tali organizzazioni, oltre quelle riguardanti lo smaltimento dei rifiuti, sono anche l’escavazione abusiva, il traffico di rifiuti, il traffico di animali esotici, il saccheggio di beni archeologici, l’abusivismo edilizio su larga scala e l’allevamento di animali da combattimento.
Ora, la gente che lavora per l’ecomafia viene pagata da qualcuno per fare il “lavoro sporco” a posto loro. Secondo il rapporto Ecomafia 2015 di Legambiente, nel 2014 sono stati 29.293 i reati accertati, per un giro d’affari pari a 22 miliardi di euro. Quindi, qualcuno è stato pagato. Magari con questi soldi ha finanziato le proprie spese familiari, magari si è solo arricchito. Magari, chi ha accettato questo “lavoro” l’ha fatto poiché non poteva permettersi l’affitto, la casa, la retta dei figli ad una qualsiasi scuola.
In questo caso, la mafia ha cercato, e pagato, persone che avevano, per una questione o per un’altra, bisogno di soldi.
Analizzando però a fondo la storia dell’ecomafia si vede che il Sud d’Italia è l’area dove la maggior parte di questi rifiuti va a finire, in particolare lungo le cosiddette “rotta adriatica” e “rotta tirrenica”, dal nord verso la Puglia e verso la Campania-Calabria. Parte dei rifiuti viene sotterrata in cave abusive, già oggetto di reati ambientali di escavazione. Nel Nord Italia in più casi è stato accertato lo smaltimento di fanghi tossici, come fertilizzanti in campi coltivati. Ma l’Italia è anche crocevia di traffici internazionali di rifiuti, provenienti dai paesi europei e destinati a Nigeria, Mozambico, Somalia, Romania. Si ipotizza che l’omicidio di Ilaria Alpi sia riconducibile a inchieste che la giornalista stava conducendo.
Ilaria Alpi era solo una giornalista che stava indagando sulla mafia dietro il settore dello smaltimento rifiuti in Somalia. Le inchieste della giornalista si soffermarono su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l’altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate con i gruppi politici locali. Una bomba sotto il sedile dell’auto ha ucciso Hashi Omar Hassan, il somalo condannato e poi assolto per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (altro giornalista che indagava con lei) il 20 marzo 1994 a Mogadiscio mentre lavoravano ad un’inchiesta su traffici di rifiuti e armi. Lo ha reso noto in un tweet il sito di notizie indipendente somalo Garowe Online. Hassan fu condannato in secondo grado e in Cassazione per aver fatto parte del commando che uccise i giornalisti italiani, ma un successivo ricorso portò all’assoluzione dopo oltre 16 anni di reclusione. Lo Stato Italiano lo ha risarcito con 3 milioni. Secondo la famiglia Alpi ci fu un vasto depistaggio.
Lei era solo una donna che faceva il suo lavoro. Faceva la giornalista. Nel corso di indagini diverse, altri inquirenti avevano acquisito un documento datato settembre 1992 che ricostruiva, traccia dopo traccia, una spedizione di componenti di carri armati Leopard 1 e Leopard 2 fabbricati da una ditta tedesca, partiti dal porto di La Spezia e arrivati a Mogadiscio (forse destinati a rifornire gli arsenali dell’Iran o dell’Irak). Ma lei era d’intralcio a chi si arricchiva – e faceva arricchire altri in maniera illegale. Lo smaltimento dei rifiuti, infatti, è un tasto dolente per un paese dato che è molto dispendioso, soprattutto di denaro.
A chi ha dato lavoro la mafia? A chi ha continuato a lavorare nell’illegalità dello smaltimento dei rifiuti? Queste ultime sono persone che continuano a lavorare per uno stipendio sporco di sangue. La vasta rete di lavoratori della mafia è stipendiata col sangue di chi è stato fatto tacere. Chi lavora per la mafia ha le mani sporche di sangue. Non è questo il lavoro che nobilita l’uomo. Lavorare significa faticare. Ogni etimologia di questa parola, in tutte le lingue, riconduce il lavoro alla fatica. Ma in questo caso, chi ha faticato? Ilaria Alpi è stata uccisa perché stava faticando per la Giustizia e ha trovato dei “segreti”. Tanta gente oggi fatica e ha come ricompensa il sangue di Ilaria.
In conclusione, chi viene pagato con il sangue di altri non lavora. La mafia non dà lavoro, la mafia uccide illudendo gli altri di fare il bene. L’ecomafia, purtroppo è solo un esempio di che brutture vengono compiute ogni giorno. Il lavoro è quello onesto, non quello retribuito con il sangue degli innocenti.