Cercando su Youtube: ”mafia, lavoro, settori, pomodori” ho scelto questo video perchè dimostra l’interesse che la mafia ha verso il settore primario, ovvero l’agricoltura, settore in cui sfrutta gli immigrati nei campi di pomodori (minuto 0:33 0:48 minuto 2:47 2:56 minuto 3:44 4:01 minuto 7:20 7:24 minuto 9:41 10:31).
Il servizio racconta il fenomeno del caporalato in provincia di Foggia, una città a cui sono legato perché la mia famiglia è originaria della Puglia, e spiega il guadagno di circa 22 milioni di euro a stagione che la criminalità organizzata ottiene dal lavoro nero dei campi di pomodoro di questa provincia.
Il ruolo principale nell’organizzazione è del cosidetto caporale bianco, padrone del campo, e il caporale nero, il suo uomo di fiducia che gli procura i lavoratori, per lo più migranti disperati. Questi vengono portati nei campi in un furgone da 15 posti, compressi come sardine e dopo sono costretti a “lavorare” per far guadagnare molto qualcuno che non userà quei soldi per qualcosa di buono.
Gli immigrati non hanno la possibilità di fare lavori migliori perché sono venuti da altri paesi, sono spesso senza documenti, non parlano la lingua e per questo sono spesso vittime silenziose ma operative in questa macchina di fango e terra che è il caporalato.
Consiglio la visione a tutte quelle persone che vogliono approfondire questo settore di rendita della mafia per la quale è più interessata e ha buoni guadagni.
Le telecamere nascoste dai due giornalisti, Carmine Benincasa e Giampaolo Mannu, rivelano le condizioni disumane in cui si trovano questi disperati che lavorano in uno stato estremo per portare via solo 15 euro per 10 ore di lavoro giornaliere, trattati come bestie; mi ha colpito il modo in cui il caporale chiama i “lavoratori”: ”Hey maiale, faccia da pirla, sbrigati”.
Ringrazio i giornalisti che svolgono il loro lavoro senza paura di denunciare tutto questo e ci permettono di comprendere che il problema non è l’immigrazione, ma l’obiettivo che si nasconde dietro lo sfruttamento di queste persone a cui non sono riconosciuti a volte, neanche dallo Stato, dei diritti come esseri umani.

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