Toni Paola 5X
le mafie comunicano?
Quello che sappiamo oggi sulle mafie è dato da studi fatti da terzi o errori di comunicazione all’interno delle mafie stesse. Per quanto riguarda la storia di queste, infatti, è stato condotto uno studio da un’Università di Milano. Per quanto concerne i giorni nostri, invece, le informazioni ci son date da interviste, lettere sfuggite, informazioni trapelate, o semplici “contentini” date dalle stesse mafie ai giornalisti (o ai media). I media stessi partecipano a creare un’immagine sulle mafie dal momento stesso che, qualsiasi messaggio su questi promulgato, arriva ad un’enormità di persone.
Le mafie, inoltre, spesso ci affascinano per la versione idilliaca che l’immaginario collettivo si è fatto, a sua volta, sulla base di un fantomatico Codice D’Onore Delle Mafie. Ultimamente, anche per via di numerose serie tv o film le quali hanno mostrato una curiosa realtà non conosciuta, soprattutto dai giovani. Gli stereotipi sono un esempio di “fascino” che queste esercitano sui giovani – e non solo – iniziando dal fatto stesso che, per lo stereotipo, il mafioso è anche colui che vive nel lusso. Questi, poi, sono dati soprattutto dagli anni e dal luogo di sviluppo massimo delle mafie: il Meridione italiano degli anni ‘50 del Novecento, proprio quando la “fama della mafia” giunge con chiarezza alle orecchie degli italiani. Nell’immaginario comune, infatti, per esempio, il boss mafioso è ben vestito, con il cappello, i baffetti, la giacca, la cravatta, i pantaloni con la piega e le scarpe laccate. Questo, sempre nella visione degli stereotipi, ha molti “sottufficiali” e anche molti “soldati semplici”. Questi ultimi paiono come sempliciotti che non si fanno particolari scrupoli a seguire alla lettera le indicazioni date loro. Questa visione degli stereotipi è stata ausiliata dai media, dalle serie tv, dai film e dai giornali. Il giornalismo spesso cerca di documentare le mafie, ma non riescono ad addentrarsi più di tanto perché non tutti quelli che superano una certa soglia hanno poi la vita lunga: la mafia è troppo radicata nel sistema politico per permettere che certe informazioni vengano divulgate. Per quello che può, il giornalismo denuncia la mafia, ma quest’ultima è presente anche in questo tipo di istituzioni, quindi non è conveniente parlarlarne eo rivelare segreti particolari al giornalista che tiene cara la vita. Probabilmente tutti noi sottovalutiamo le mafie anche grazie a questi stereotipi, ma non solo: questo è dovuto anche alle scarse informazioni di alto calibro che arrivano verso tutte le persone.
Però, non c’è da dimenticare che le mafie non comunicano direttamente con noi. Quello che comunicano è spesso intenzionale e lo fanno con mezzi di comunicazione di massa, come giornali o social media. Ma questo avviene solo per questioni che non sono altro che “la punta dell’iceberg”. La scuola, invece, non parla tantissimo delle mafie: quello che si fa è relativo al programma di storia, ma normalmente, se ne parla solo per la sua nascita e per gli eventi salienti del Novecento che la riguardano. I professori più temerari ne parlano nella materia di “educazione civica” ma sono come mosche bianche. Quello che vorremmo sapere sulle mafie è probabilmente come fare a fermarle. Il problema è che il loro potere politico è troppo grande per essere fermato e chi ci ha provato, molto spesso, ci ha rimesso la vita. la mafia, infatti, uccide più del fumo.