Nel nostro ideale di associazione mafiosa, le donne non hanno mai fatto parte. Quando pensiamo alla parola “mafia” ci vengono subito in mente degli uomini in giacca e cravatta seduti a parlare intorno ad un tavolo, in una stanza avvolta di fumo di sigaro probabilmente. A capo tavola troviamo il boss che sta sussurrando qualcosa nell’orecchio dell’uomo che gli sta accanto e tutti coloro che si trovano intorno al tavolo dipendono dal loro capo. A grandi linee il nostro stereotipo di mafia è questo, ma le donne non vengono mai contemplate. Noi crediamo che ci sia un codice d’onore rispettato da tutte le associazioni mafiose, al fine di rimanere unite nonostante la loro violenza e i loro atti terroristici, poiché ne sono presenti diverse in tutto il mondo, ma con nomi differenti. Probabilmente si pensa che alcuni punti del loro regolamento possano essere non coinvolgere o uccidere donne e bambini, rispettare la famiglia o eseguire sempre gli ordini dati. Personalmente ritengo che questo è solo ciò che loro vogliono farci credere, ma in realtà non seguono alcun codice d’onore. Una prova di questa affermazione è sicuramente Asunta Mareska, arrestata a Napoli il 31 gennaio del 1993 con l’accusa di omicidi multipli. Ora ha 86 anni; è diventata famosa nel mondo quando ha ucciso il suo compagno Antonio Esposito poco più che ventenne ed è diventata la prima leader mafiosa donna in Italia. Non credo affatto che diventare famosi per una cosa del genere sia una cosa di cui vantarsi, ma allo stesso tempo questo prova il fatto che le donne partecipino eccome agli atti mafiosi, anzi spesso sono loro le boss delle associazioni. Dunque non bisogna mai fidarsi dei luoghi comuni, bensì entrare nello specifico in ogni ambito al fine di non essere ignoranti, o persino omertosi, di fronte a nulla.
Ho trovato questa vecchia foto su internet digitando “Il ruolo delle donne nella mafia immagini”.
Tribuno Sophia.