Come comunicano le mafie? Sto scoprendo che comunicano in tanti modi, ma la storia raccontata in questo video di Fanpage mi ha colpita per la sua violenza e brutalità.
Giuseppe di Matteo, figlio di un ex mafioso, viene rapito da Giovanni Brusca, uno dei capi della mafia che ne ordinò prima il rapimento e la prigionia e poi l’uccisione, per mettere a tacere suo padre che ormai “pentito” stava raccontando i segreti della strage di Capaci a cui aveva partecipato.
Quando il ragazzino aveva 15 anni è stato rapito e tenuto prigioniero in un bunker sotterraneo a San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo, per 779 giorni. 25 mesi in cui è stato costretto a dormire su un vano in alto di un montacarichi, mentre al piano terra la paglia attutiva i suoi rumori.
Ai suoi carnefici ripeteva: -“Non mi fate del male”. Parole che ho compreso. Chiunque al suo posto avrebbe avuto paura al pensiero di quello che avrebbero potuto fargli.
Le sue parole, però, non sono state ascoltate perché la Mafia parla con gesti che devono far capire la sua forza e il suo potere. Incutere terrore. Il corpo del ragazzino è stato sciolto ​​l’11 gennaio 1996 in un barile di acido nitrico, un fortissimo corrosivo che doveva impedire il ritrovamento del corpo. Nessuno doveva trovarlo. Nessuno doveva riconoscerlo.
Un modo di comunicare terrificante. Forte e chiaro. Spero che questo video possa far comprendere quanto sia importante capire come le mafie comunicano per combatterle.
Questa storia purtroppo vera mi ha colpito perché la vittima è un ragazzo abbastanza piccolo e mi ha colpito molto il bunker, che è il luogo dove lo portavano.
Le parole chiave usate sono: Mafia, Pentito, Carnefici, Giovanni Brusca.

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