Paola Toni 5X

Le mafie rispettano le gerarchie interne? In che modo le mafie intervengono nelle relazioni affettive?

La gerarchia familiare è un fenomeno presente in molte culture del mondo che ha radici storiche antichissime: il patriarcato lo si colloca da quando si affermò il concetto di paternità, circa seimila anni fa (4000 a.C.). Da questo momento in avanti, la cultura del mondo conosciuto si orienta verso una società che esclude le donne in quanto viste come moralmente, intellettualmente e fisicamente inferiori agli uomini.

Fatta eccezione di alcune donne (come Cleopatra VII, l’imperatrice Teodora o Elena – madre di Costantino) queste nella storia sono sempre state subordinate al potere maschile.
Nella mafia, le donne sono quasi sempre identificate come “mogli di…”, “madri di…”, “sorelle di…” e hanno il precipuo compito di far riprodurre la cellula famiglia, che è alla base della formazione delle altre cellule criminali. Totalmente assorbite dalla dimensione familiare, contribuiscono alla sovrapposizione tra affetti e affari criminali, sino a confonderli.

La gerarchia interna, infatti, esiste e permette di mantenere un ferreo rapporto padre-figlio, fratello maggiore-minore che esclude le donne dalla vita vera e propria delle mafie. Ma, l’escludere le donne non significa necessariamente che queste non sappiano o non sentano. Il loro portare avanti la famiglia e i valori di questa comprendono il sentire affari non leciti e il non poterli riportare né all’interno del loro sistema, né tanto meno alla giustizia.

Questo patriarcato interviene anche nelle relazioni affettive delle stesse famiglie condizionando il rapporto tra genitori e figli, ma anche tra mogli e mariti comportando, di conseguenza, una rottura del codice d’onore (non si toccano donne e bambini, non si guardano le altre mogli, non si frequentano taverne e circoli, bisogna essere sempre disponibili e puntuali, si rispetta la moglie, non può entrare a far parte della mafia chi ha parenti nelle forze dell’ordine o chi non tiene ai valori morali).

Per esprimere meglio questo concetto bisogna guardare agli adolescenti i quali sono immersi nel pantano creato dal loro sistema mafioso. Il codice d’onore, che comprende, tra le varie cose, che non si devono toccare i bambini, come fa ad essere rispettato da un’organizzazione che non tiene conto della crescita dell’individuo come persona?
Di questo tema ce ne parla il pedagogista Piero Bertolini (Torino, 30 aprile 1931 – Bologna, 16 settembre 2006) che analizzando il comportamento dei “ragazzi difficili” trova anche quello dei ragazzi del carcere minorile di Milano definendoli incapaci nel definire gli ambienti circostanti e relazioni autentiche. Questi ragazzi sono da rieducare nel favore della ricostruzione della propria identità, caratteristica rubata loro dal pesante, difficile e sbagliato ambiente quale quello delle mafie.

Ci spiega Bertolini: “In linea generale si può dire che ogni apprendimento si compie in e attraverso la relazione educativa: persino gli apprendimenti cognitivi sono inseparabilmente legati alle modalità di interazione e comunicazione attraverso cui essi si costruiscono progressivamente. La dimensione sociale e affettiva relativa alla relazione con l’educatore è un bacino di motivazioni o demotivazioni all’apprendimento.”

Quindi, come si può pretendere che un ragazzo che è stato educato in un ambiente diverso da quello che poi è la realtà non abbia una concezione diversa – e sbagliata – della sfera affettiva? Per ritornare, poi, al discorso del codice d’onore, come si può pretendere che un ragazzo diventi un uomo giusto se i valori a lui impartiti non tengono conto dei principi etico-morali?
Per questo motivo, il rapporto gerarchico interno delle mafie non viene mai a meno e le figure che in questa sono sempre state escluse, tali rimangono (come le donne, per tornare al discorso di prima). Si vedono così nelle mafie donne escluse dai mariti sotto il profilo politico, familiare, affettivo; alterando anche il rapporto madre-figlio.

Quindi, tante donne, per “proteggere” i propri figli, compiono azioni illecite rimanendo dentro la mafia, pur trovandosi in disaccordo con questa, (e talvolta rischiando la loro vita) alimentando le sbagliate gerarchie interne che le escludono dalla vita della famiglia e le sbagliate relazioni affettive. Queste ultime sono date tra l’altro anche da matrimoni combinati imposti loro e conseguente eccessivo amore per i figli avuti da matrimoni non sempre felici, i quali, a loro volta, inghiottiti dal sistema mafie, compiono azioni indecorose facendo proseguire la catena della gerarchia interna. Questo non significa “non toccare le donne” per rispettare un codice d’onore.
“Non toccare donne e bambini” significa anche non compromettere la loro sanità mentale. Non c’è nulla di onorevole nello schiavizzare le persone -spesso della propria famiglia- e mascherarsi dietro un codice fasullo.

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