All’inizio degli anni ’80, la Sicilia è capitale mondiale del traffico di droga, divisa tra famiglie di Cosa Nostra palermitane e corleonesi – di cui è leader Totò Riina (Nicola Calì) – che lottano fra loro pur mantenendo una facciata di amicizia. Durante una festa a casa di Stefano Bontate tra boss di entrambi gli schieramenti, Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), un boss affiliato alla mala di Palermo, avverte il pericolo di una faida imminente e decide di emigrare in Brasile per seguire i suoi affari al sicuro. Le tensioni non tardano a manifestarsi e si scatena una serie di omicidi a boss mafiosi e familiari; i due figli di Buscetta e suo fratello, rimasti in Sicilia, vengono fatti sparire, e lui stesso si sente braccato in America Latina. Inoltre, la polizia brasiliana lo identifica e lo cattura, sottoponendolo a numerose torture fisiche e psicologiche, successivamente viene chiesta l’estradizione in Italia che Buscetta in un primo momento evita ingerendo della stricnina.
Ormai rimasto senza potere né denaro, Buscetta viene salvato e rimpatriato in Italia, finendo quindi nel mirino dei rivali corleonesi. Il giudice Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi) gli offre un’alternativa: collaborare con la giustizia, che per il codice d’onore mafioso equivale a un tradimento punibile con la morte. In una serie di interrogatori, Buscetta rivela al giudice nomi, organizzazione e rituali di Cosa Nostra, diventando così il primo collaboratore di giustizia della storia, benché abbia sempre rifiutato di definirsi un pentito; anche il suo vecchio compagno Totuccio Contorno inizierà a collaborare con la giustizia.