“In tv Angelina Jolie calpestava la passerella della notte degli Oscar indossando un completo di raso bianco, bellissimo. Uno di quelli su misura, di quelli che gli stilisti italiani, contendendosele, offrono alle star. Quel vestito l’aveva cucito Pasquale in una fabbrica in nero ad Arzano. Gli avevano detto solo: «Questo va in America». Pasquale aveva lavorato su centinaia di vestiti andati negli Usa. Si ricordava bene quel tailleur bianco. Si ricordava ancora le misure, tutte le misure. Il taglio del collo, i millimetri dei polsi. E il pantalone.”

Queste sono le parole di Roberto Saviano, uno scrittore e giornalista italiano contemporaneo, in “Gomorra”, parole che rivelano quanto possa essere complessa la mafia.
Pasquale era un padre di famiglia, nonché un valido sarto che lavorava in nero per la criminalità organizzata, anche se non era pienamente a conoscenza di questo aspetto.
Creava stupendi abiti e completi, e mai avrebbe pensato che uno di essi sarebbe stato indossato in un’occasione come quella del Red Carpet, gli avevano solo detto che la sua creazione sarebbe andata in America.
Una sera, tornato stanco da lavoro, si mise a guardare la televisione, e, proprio lì, vide un tailleur a lui molto familiare. Era quello che aveva imbastito lui, ma subito dopo il confezionamento era stato rivenduto ad una delle marche di lusso più famose ad insaputa dello stilista, e poi dato ad Angelina Jolie ad un prezzo equo al valore del completo. Nel mentre a Pasquale era stato riconosciuto poco e niente della vendita.
Egli in quel momento, probabilmente, si sentì come soffocare in un silenzio profondo: tutti lodavano il completo della star mentre lui doveva starsene zitto, perché nessuno gli avrebbe creduto se avesse detto che quel capolavoro fosse stato ideato da lui e poi creato con minuziosità dalle sue stesse mani. Ricordava anche le misure.

Questo episodio fa intuire che la mafia offra lavoro, sì, ma un lavoro privo di riconoscimenti e non percepito come un diritto, ma piuttosto come uno sfruttamento, perciò come qualcosa che si è obbligati a fare senza obiezioni e senza pretendere soddisfazioni di alcun tipo: personali, lavorative, economiche.
La mafia si approfitta del lavoro dei suoi uomini in silenzio e agendo con sotterfugi strategici.
Ciò che ho appena descritto non è un lavoro, ma è un complotto contro delle famiglie più umili, come quella del protagonista, che non hanno molte possibilità di lavoro in quanto il soggetto è già avanti con l’età, ma al contempo dev’essere proprio lui a dover portare i soldi a casa per poter andare avanti.
A quel punto il potere di decisione svanisce e l’istinto di sopravvivenza sopraggiunge e ciò che si vorrebbe vivere a pieno, come un successo molto grande, lo si vivrà internamente, dietro ai sipari.
Andrà bene così pur di poter portare qualcosa alla famiglia; non ci sono altre opzioni.
La mafia vede tutto o bianco o nero: o sei con lei, vivi nel lusso ma con un dolore e un senso di colpa che ti perseguita costantemente, o sei fuori.
Ma se decidi di uscirne dopo esserci entrato, dovrai essere pronto a quelle che sono le conseguenze.
Non esiste nulla di più doloroso del non sentirsi libero.

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