Dicono che la mafia non tocchi né i bambini né le donne. Un luogo comune che in questi giorni abbiamo sentito ripetere spesso, per giustificare che l’attentato del “Morvillo Falcone” non è opera della mafia. Per convincersi e convincere che non è un episodio da aggiungere ai tanti, firmati dalla criminalità organizzata di stampo mafioso. E allora come si giustificano le oltre 150 donne uccise e i 37 bambini vittime di mafia? Il caso più noto è quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, rapito, strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio del 1996, dopo 779 giorni di prigionia, a Palermo. Ma in Salento c’è un esempio che basterebbe già da solo a confutare la tesi secondo cui la mafia ha un codice d’onore che impone di “non toccare” i bambini e le donne. Ed è il duplice omicidio di Paola Rizzello, che nel 1991, quando venne strangolata, aveva 27 anni, e della sua bambina, Angelica Pirtoli, che ne aveva due e mezzo. Mamma e figlia scomparvero nel 1991 a Casarano. Il corpo di Paola venne ritrovato sei anni dopo, nel 1997, in una vecchia cisterna nelle campagne di Matino. Era stata sparata. L’opinione pubblica la bollò come sbandata, drogata, “una che andava con tutti”. In questo modo minimizzò l’accaduto come per dire che in qualche modo se l’era cercata. Venne uccisa da quello che era stato per un certo periodo il suo amante, Donato Mercuri, un uomo del boss Luigi Giannelli. La sua colpa era stata proprio quella di aver avuto una relazione con Giannelli. Cosa che, ad Anna De Matteis, detta “Anna morte“, la moglie del boss, non era andata giù. Così questa ordinò di fare sparire la sua rivale. Ma non era solo questa la colpa di Paola. La sua colpa era che, dopo l’arresto del boss, cominciava a parlare troppo, a fare domande, a parlare con gli inquirenti. Sapeva troppo. Non fu difficile farla salire in macchina, perché conosceva bene il suo assassino. Quando fu portata nelle campagne, aveva con se la sua bambina. Paola venne sparata all’addome e la bambina fu ferita ad un piedino, ma era viva. Gli esecutori, lasciarono lì, al buio, in campagna, la bimba riversa sulla mamma morta. Poi tornarono, perché a due anni e mezzo un bimbo può parlare e soprattutto ricordare. Afferrarono Angelica per un piedino, quello già ferito, e la sbatterono ripetutamente su un muretto a secco. Non sprecarono per lei neanche una pallottola. Poi la avvolsero in un sacco di juta e la seppellirono. Venne ritrovata nel 1999, otto anni dopo il massacro. Ecco il codice d’onore della Sacra corona unita e di tutte le mafie: trucidare una bimba di due anni e mezzo frantumandola su un muretto a secco. Ricordiamolo a quei giornalisti che senza replicare ai mafiosi mandano in onda o riportano le loro dichiarazioni sull’esistenza di un fantomatico codice d’onore della mafia secondo cui si rispettano le donne e i bambini. Il dossier ‘Sdisonorate’ della Mediateca Valarioti dell’Associazione daSud sfata il mito secondo cui il codice d’onore impedirebbe ai mafiosi di uccidere le donne, elencando più di 150 casi di donne ammazzate dalla criminalità organizzata e descrivendone le circostanze. Leggetelo qui e poi chiedetevi se è vero che la mafia ha un codice d’onore.

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