Maurizio Catino, sociologo dell’Università di Milano della Bicocca, espone il tema del radicamento della mafia al nord e, nello specifico, spiega la differenza del modo di agire della mafia al nord, rispetto al territorio di origine; i mercati legali e illegali in cui operano le varie organizzazioni criminali e come oltre il 60% delle imprese coinvolte con queste associazioni mafiose si occupi di edilizia.

Del suo discorso mi ha stupito come possa aver fatto la mafia a radicarsi e ad espandersi anche al Nord nei diversi settori, ma credo di aver capito che il fenomeno mafioso si sia diffuso assieme all’emigrazione dal Sud e all’espansione degli interessi mafiosi in nuovi settori come quelli della Finanza che è particolarmente presente in Lombardia.
L’organizzazione più diffusa è la Ndrangheta che è diventata la più potente con oltre l’84% dei reati commessi, attiva soprattutto nel settore dei lavori pubblici, mentre la Camorra agisce più sui mercati illegali, come le estorsioni e le rapine.
Lo studioso fornisce dei dati precisi: nei mercati legali, oltre il 60% delle imprese coinvolte con la mafia si occupano di edilizia, terra, logistica e trasporti, mentre il 10% riguarda la ristorazione e la gestione dei bar.
Illegale, invece, il mercato dell’usura, estorsione, rapine, traffico di sostanze stupefacenti, narcotraffico (traffico internazionale di stupefacenti), prostituzione e contrabbando.

La ricerca mi ha fatto comprendere che le mafie agiscono soltanto per il loro interesse, non hanno la preoccupazione di creare un mercato del lavoro, non pensano alle conseguenze di quello che le loro azioni possono provocare, come ad esempio far perdere posti di lavoro.
In conclusione, penso di poter affermare che la mafia né crea, ne dà lavoro, piuttosto lo toglie.

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