Il sottotema che ho scelto è: vittime, storie di famigliari e ho deciso di raccontare la storia di Maria Concetta Cacciola. Il video che ho scelto è il trailer del film ‘una femmina’, diretto da Francesco Costabile e interpretato da Lina Siciliano, ispirato dal libro Fimmine Ribelli di Lirio Abbate, prossimamente al cinema. A prima vista, ciò che più mi ha incuriosito del video è stata la copertina, così l’ho cliccato e l’ho guardato.

Maria Concetta nacque a fine settembre degli anni ‘80 a Rosarno, in una famiglia di appurati e fortemente mafiosi, la più potente (a quell’epoca) della ‘Ndrangheta.
Maria Concetta era destinata a non avere scelte libere e quindi di essere una mafiosa come il resto della famiglia, inoltre il suo matrimonio con Salvatore Figliuzzi, aspirante mafioso, non fece che rafforzare il suo legame con la mafia, fino a quando Salvatore venne incarcerato e Maria si ritrovò sola, con tre figli e privata di sue decisioni e libertà. Maria Concetta si sentì in dovere verso i figli e verso se stessa di prendersi una vita propria. L’occasione perfetta per spifferare tutto alla polizia e denunciare la sua famiglia avvenne l’11 maggio 2011. Suo figlio Alfonso era stato beccato a guidare una macchina senza patente e la madre venne immediatamente convocata in centrale. Ella colse l’attimo e confidò al maresciallo di voler raccontargli della sua famiglia. Tornò in caserma il 19 maggio, poi il 23 e il 25, venendo ascoltata dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Dopo le dichiarazioni di ella, tra la notte del 29 e del 30 maggio, gli inquirenti inserirono Maria Concetta Cacciola nel programma di protezione.
Maria divenne testimone di giustizia e fu trasferita a Genova.
La madre dovette lasciare i figli con la loro nonna, ma la nostalgia per essi la portò a svelare ai genitori il posto in cui si trovava e li invitò a venire. Fu proprio lì che il padre indagò su ciò che aveva rivelato agli sbirri, mentre la madre le disse: “o cu nui o cu iddi”, cioè o con noi o con loro.
Alla fine i genitori di Maria tornarono a Rosarno e lei rimase a Genova, ma essi la forzarono a tornare a casa, facendo leva sull’amore dei figli e la nostalgia che provava. Maria Concetta sapeva che se fosse tornata a casa sarebbe stata uccisa, poiché il suo errore era imperdonabile, ma sempre per amor dei figli tornò a Rosarno.
Il 20 agosto 2011, Concetta fu trovata morta nel bagno.

Questo mi fa pensare che se dei genitori mafiosi non hanno pietà nemmeno nei confronti della propria figlia, allora come potrebbe essere possibile rispettare un codice d’onore, se esso non esiste? La mafia racconta ciò che vuole raccontare, ciò che è meglio raccontare, ma i fatti narrano cose differenti. Storie tragiche di bambini, donne e uomini sciolti nell’acido, uccisi e maltrattati fanno ricorrenza oggi, storie che ci fanno ricordare la crudeltà della mafia.
Dicendo che hanno un codice d’onore, i mafiosi si stanno solo ingannando da soli, poiché ‘le bugie hanno le gambe corte’ e con questo la verità è saltata, salta e salterà sempre fuori.
Nel video c’è una frase che mi è rimasta impressa: ‘i morti non parlano e mamma parlava’. Secondo la mia interpretazione, ella dice che le persone ancora vive possono denunciare tutte le tragedie che si compiono ancora e non fare lo stesso errore dei morti che sono deceduti nell’ombra e nel silenzio. Alla domanda ‘le mafie hanno un codice d’onore’ io rispondo no con assoluta fermezza. Consiglio di andare a vedere questo film quando uscirà e anche di seguirlo molto attentamente, per poter capire davvero perché la mafia è una cosa VERAMENTE straziante.

Guarda gli altri contenuti di Chiara S.