Giuseppina Pesce è figlia di una delle più potenti cosche della ‘ndrangheta, ma dopo anni di soprusi,
dopo aver provato a farsi una nuova vita e dopo essere stata costretta dai familiari a scusarsi, è
riuscita a parlare di fronte a un tribunale. Purtroppo sono molte le donne vittime di questo genere di
abusi, ma non tutte riescono a sfuggirvi. Dalla storia e dalla testimonianza di Giuseppina Pesce
possiamo trarre un’immagine più concreta di quale sia davvero la posizione della maggior parte
delle donne nella mafia: ci saranno anche individui che riescono a “fare carriera” nel loro clan, ma
le più sono costrette a venire usate, senza alcun diritto di ribellarsi. Giuseppina infatti era
portapacchi per la ‘ndrangheta, ma quando provò a separarsene fu catturata, e sebbene avesse
provato a collaborare con la giustizia, le pressioni erano troppo forti, quindi evase di prigione e fu
costretta a scrivere una lettera di scusa alla famiglia. Solo dopo molti altri sforzi riuscì finalmente a
ottenere la giustizia e a liberarsi dall’ambiente estremamente misogino ed oppressivo della mafia.
La mafia lo segue sì un codice, ma, come ricorda il video trovato su YouTube, utilizzando le parole
chiave donne vittime di mafia, non è un codice basato sull’onore, ma sulla violenza, che ha come unico scopo punire
chi disubbidisce.