Questo video tratto da un film “Quei bravi ragazzi” (1989) regia di Martin Scorsese, è ambientato nella East New York, nella Brooklin del 1955.
Il protagonista è un ragazzino di nome Henry, un adolescente che si comporta da “piccolo boss” di quartiere, perché può andare dovunque e fare quello che vuole. Fa parte di una banda specializzata in furti, estorsioni e contrabbando, che presto diventa la sua vera famiglia.
Henry e gli altri ragazzi lavorano per conto di capi ai cui ubbidiscono senza discutere e a cui dimostrano di essere capaci di uccidere ferocemente.
Dal minuto 1:30 e 4:31 Henry distrugge i vetri di alcune macchine di un parcheggio, che bagna con la benzina e fa bruciare, un gesto brutale ed esemplare del fatto che mafia e lavoro sono strettamente collegati alla violenza, soldi e criminalità giovanile, infatti a Henry importa solo dei soldi, dice che a 13 anni guadagnava più degli adulti del quartiere.
In pochi minuti capiamo alcune cose che attirano i giovani a “lavorare” per conto della Mafia: fa credere di essere una famiglia, dà lavoro e soldi, fa sentire di essere grandi, importanti, ti fa sentire parte di qualcosa, ti lascia credere di essere “Qualcuno che conta”, soprattutto nei quartieri di periferia, dove la gente sente di non contare niente.
Quando il ragazzo si trova in tribunale (minuti 3:33-4:31), perché viene beccato, il capo si congratula con lui, gli dà dei soldi come regalo di “laurea”, perché ha rispettato due regole importanti per la “famiglia mafiosa”: non ha tradito gli amici; ha tenuto il becco chiuso.
Se questi sono i “bravi ragazzi” che cerca la mafia per fare i suoi sporchi lavori, io credo che i “bravi ragazzi” siano quelli che fanno piccoli lavoretti per guadagnare qualcosa legalmente, per risparmiare e spendere negli studi o viaggi, perché nessun ragazzo dovrebbe mai vivere la violenza e la paura che la mafia produce con il suo “lavoro”.