La mafia presenta un codice d’onore su cui tutti i membri si dovrebbero basare, ma la verità è che nessuno di essi lo rispetta.
Alcuni principi dei vari codici d’onore mafiosi prevedono: il giuramento di essere sempre fedele ad essa, di non tradirla mai, di non parlare degli affari criminali che vengono commessi, e soprattutto l’indifferenza nei confronti delle persone non coinvolte in affari di natura criminale.
Ma, come nel caso del video allegato, a rimetterci la vita è proprio una figura innocente, un bambino.
Giuseppe di Matteo era un bambino entusiasta della vita, niente a che vedere con la tristezza dei mafiosi e dei suoi terribili carnefici. Amava l’equitazione, era la sua più grande passione e proprio in una giornata spensierata, dopo un allenamento, all’uscita dal maneggio, dei mafiosi si spacciarono per poliziotti, che gli dissero di volerlo portare dal padre che non vedeva da tempo perché collaboratore di giustizia. Agli occhi del piccolo, quegli uomini erano degli angeli, dalla felicità il cuore gli batteva all’impazzata, lui era felice, diceva “papà mio, amore mio”, da ciò che ci riferisce una persona che partecipò al sequestro, ma in realtà quegli uomini erano veri lupi.
Attraversata la porta del maneggio, Giuseppe non avrebbe più visto né il padre né altre persone, ma soltanto i volti dei suoi killer. Il padre, prima di iniziare a collaborare con i magistrati era un adepto di Cosa Nostra, ma dopo il suo arresto raccontò al magistrato Giuseppe Pignatone ciò che sapeva degli attentati mafiosi. Fu proprio questo a scatenare l’ira dei mafiosi e Giovanni Brusca ebbe il compito di rapire il figlio di Santino per convincerlo a rimangiarsi tutto.
Ebbene sì, a rimetterci la vita è stato proprio un bambino che nel novembre 1993 fu sequestrato, recluso in gabbia per 25/26 mesi, infine strangolato e sciolto nell’acido.
Azioni alquanto inspiegabili, dato che, a parer mio quella piccola creatura non meritava di ricevere tutto quel dolore… fisico e mentale.

Guarda gli altri contenuti di Amelia Sara S.