Secondo gli stereotipi più comuni la donna è considerata unicamente una vittima delle mafie, tuttavia tale immagine è stata volutamente data per mirare a una invisibilità della figura femminile che cela il suo ruolo reale. In Cosa Nostra, non solo una donna come madre si occupa dell’educazione dei figli volta a trasmettere i valori mafiosi quali omertà, forza e violenza ma in qualità di moglie, figlia o sorella di un mafioso la donna ha il compito di custodire i segreti della propria famiglia perciò, al contrario di quel che si pensi, le donne all’interno della mafia sono consapevoli di tutti i crimini commessi con i relativi dettagli e decidono di esserne complici. Credo che l’autrice del libro “Madri di Cosa Nostra” con la sua risposta provocatoria all’ultima domanda dell’intervista abbia voluto intendere che ogni mamma cerca di proteggere la propria prole in ogni modo possibile anche se la differenza la fa la legalità o meno in cui opera per raggiungere tale scopo. Inoltre il video, che ho trovato selezionando nella barra di ricerca le parole donne, mafia e antimafia, cita due signore che si sono coraggiosamente ribellate alla mafia decidendo di collaborare con la giustizia. La prima è Serafina Battaglia, proveniente da una famiglia mafiosa, nonché promotrice tra le donne pentite infatti nel 1962 decise di abbattere il muro dell’omertà facendo i nomi dei mafiosi coinvolti negli assassini del marito e del figlio che aveva cercato di vendicarlo spinto dagli incitamenti della madre rimanendo poi ucciso. La seconda donna menzionata è Vita Rugnetta che testimoniò contro Cosa Nostra al maxiprocesso di Palermo nel 1986. Entrambe sono d’ispirazione perché si sono rivolte alla giustizia e se tutti ci appellassimo ad essa la mafia verrebbe smantellata definitivamente nonostante sia diffusa in tutto il mondo e ben mimetizzata.

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