In questo video il giornalista Alfredo Di Giovampaolo ha realizzato un’intervista all’ex boss mafioso della ‘Ndrangheta Luigi Bonaventura, il quale dal 2006 comincia a lavorare con la giustizia, divenendo il primo collaboratore di giustizia all’interno della sua famiglia la quale controllava l’intera città di Crotone.
Lui afferma che la ‘Ndrangheta è come un’etnia, dove la sua struttura è legata alla famiglia, dalla quale nascono i futuri boss mafiosi. È anche grazie a lui se noi oggi conosciamo la struttura mafiosa: al vertice di questa vi è il capo mafioso il quale è capace sia di agire sul campo sia di pensare e gestire ogni situazione.
Nel 1991 egli, insieme a suo cugino, commise il suo primo omicidio a danno di un pescivendolo per mettere alla prova le sue capacità.
Lui dice di essere fortemente pentito di questo suo atto; infatti, decide di diventare collaboratore della giustizia per chiedere perdono.
Collaborando con la giustizia, è stato inviato in Veneto per studiare il tessuto imprenditoriale dove la ‘Ndrangheta aveva investito i suoi guadagni illeciti.
Oggi lui promuove un comitato costituito da persone comuni il cui fondamento è valorizzare lo strumento di contrasto alle mafie, i pentiti, i quali non vengono considerati dalle persone come esseri umani, ma come oggetti; e dare assistenza ai loro familiari innocenti.
Ho realizzato questa ricerca andando su Youtube, usando le parole chiave “Raccontare”; “Mafia” e “Intervista” ed è stato il primo risultato che mi è apparso.
Di questo video mi è rimasto impresso una sua frase: “Per chiunque bambino che nasce nella ‘Ndrangheta la vita è difficile”. Mi ha colpito ciò perché ho pensato a come un bambino abbia vissuto un’infanzia dove le armi erano considerate un gioco che lo distingueva dagli altri bambini.