Il video che ho scelto riguarda un’intervista che è stata fatta alla moglie di un ex boss mafioso appartenente alla ‘Ndrangheta, Tiziana Giuda, il quale si è pentito e ha cominciato a collaborare con la giustizia.
Suo marito, Vincenzo Marino, afferma, si è pentito in quanto erano scoppiate delle faide tra i clan e avevano subìto degli attentati. Lei afferma che, da quando suo marito è diventato collaboratore della giustizia, temeva di perdere la sua famiglia, perché non poteva tornare dai suoi parenti a Crotone in quanto poteva rischiare la vita, e non possedeva dei contatti con i suoi amici poiché erano diventati dei “nemici”.
Lei lo conobbe all’età di 13 anni, si sposò con lui e rimase incinta a 16 anni.
Quando il capoboss di Crotone, Riino Bonaventura, battezzò il suo secondogenito, egli le disse che mano mano che sarebbe cresciuto lui sarebbe entrato a far parte del suo clan.
Da lì, per circa 20 anni, lei era a conoscenza dei reati che suo marito insieme agli altri mafiosi pianificavano e vedeva, con i suoi occhi, le armi e la droga che facevano il giro nella sua casa.
Un giorno suo marito la incaricò di dare una pistola ad un ragazzo mediante la quale (probabilmente) egli commise un omicidio. Lei rimase turbata da ciò perché non pensava che si poteva arrivare a commettere un omicidio, la cui vittima poteva essere anche un suo familiare.
Quando suo marito era in carcere i clan le davano circa 20.000 euro (senza che lei chiedesse nulla) mentre lo Stato, soltanto, 1.500 euro circa.
Infine, ciò che lei chiede è quello di essere tutelata vista la collaborazione di suo marito con la giustizia.

Ho trovato questo video andando su Youtube e utilizzando le parole “Collaboratore di giustizia” e tra i vari contenuti che ho visto, ho scelto questo.

Di questo video mi hanno colpito particolari aspetti.
Il primo, la differenza di denaro che i clan e lo Stato le davano (circa 18.500 euro), segno che fa capire quanto denaro guadagni la mafia in modo illegale.
Il secondo, come la mafia possa strappare via i propri figli, e quindi i propri affetti, già dalla nascita poiché visti come futuri capostipiti.
Infine, come, purtroppo, anche le donne sono in relazione con la mafia, e di come a volte, involontariamente, senza neanche saperlo, vengono coinvolte nei reati che la mafia commette.

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