Uccisione di Giovanni Falcone, della sua famiglia e degli agenti della scorta
Il 23 maggio del 1992 ha segnato una delle pagine più buie della storia della Repubblica. Sono quasi le sei del pomeriggio. Sull’autostrada A29 che dall’aeroporto di Punta Raisi, in Sicilia, porta a Palermo, viaggiano tre Fiat Croma. A bordo, ci sono il giudice antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonino Montinaro. Con loro, gli altri membri della scorta Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Gaspare Cervello, assieme all’autista giudiziario Giuseppe Costanza. La corsa delle tre vetture si arresta all’altezza dello svincolo di Capaci. Sotto all’asfalto è stata piazzata mezza tonnellata di esplosivo. Un detonatore azionato dalla collina che sovrasta l’autostrada scatena l’inferno: la carreggiata viene ridotta ad un cumulo di macerie. Del convoglio, si salvano soltanto Capuzza, Corbo, Cervello e Costanza. Antonio Vassallo “Ho sentito l’esplosione, erano le 17:58. Sono saltato in sella al motorino e mi sono trovato di fronte una scena mai vista, degna di un film di guerra. Gli ulivi centenari sradicati da terra. Un pezzo di autostrada era semplicemente sparito: al suo posto c’era un cratere”.