Gli italiani che resistono alle mafie: Lea Garofalo
A tredici anni si innamora di Carlo Cosco, membro anche lui di una delle famiglie della mafia calabrese e i due decidono di andare a vivere a Milano.
In seguito a queste sue testimonianze, la donna viene trasferita a Campobasso, dove però nel 2006 perde la tutela del programma di protezione. A questo punto, però, è la stessa Garofalo a rinunciare alla tutela e torna a Petilia Policastro prima, Campobasso poi, sempre con sua figlia Denise.
Era il 24 novembre 2009. Sarà lo stesso Cosco a denunciare poi la scomparsa della donna. In seguito, le indagini riescono a far luce sulla scomparsa di Lea: l’ex compagno, con l’aiuto di due fratelli, ha torturato e ucciso con un colpo di pistola la donna, gettandola in 50 litri di acido e lasciandola lì per tre giorni. Il corpo è stato portato in un terreno nella frazione di San Fruttuoso (Monza). Solo dopo la condanna in primo grado, Carmine Venturino inizia a confessare, permettendo agli inquirenti di ritrovare frammenti ossei e la collana della donna.
Tutto ciò che ha fatto Lea può sembrare semplice ma non lo è.