Enrico Fontana inizia a descrivere il mondo di Rifiutopoli nel 1984, “scoprendo che i rifiuti venivano abbandonati anche nei luoghi più belli, dove ti aspetti di vedere solo le farfalle.”
Questo “mondo di sotto” Enrico lo racconta insieme all’artista Vito Baroncini, con una dedica a Ilaria Alpi, Milan Hrovatin, Natale De Grazia, Michele Liguori, Roberto Mancini e a tutte le vittime innocenti dell’ecomafia.
In quale contesto prende forma il termine “Ecomafia”?
“Ecomafia nasce, come vocabolo, dall’incontro con un magistrato che ha indagato a lungo, durante tutta la sua carriera, sui fenomeni criminali, anche gravi, legati in particolare ai traffici illegali di rifiuti e all’inquinamento ambientale. Nicola Maria Pace, che oggi non c’è più, purtroppo, e che ho conosciuto quando da Procuratore presso la Pretura di Matera, in Basilicata, aveva sviluppato inchieste importanti sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Io avevo cominciato da poco il lavoro con Legambiente e l’Arma dei carabinieri, che avevano costituito un Osservatorio nazionale su ambiente e legalità, insieme all’Eurispes. E riflettendo con Pace sulle dimensioni più generali di questi fenomeni criminali è venuto fuori il termine “ecomafia“. Mi portavo dietro, come bagaglio personale le inchieste fatte da giovane cronista, proprio all’inizio della mia professione a Paese sera e poi quelle realizzate quando lavoravo all’Espresso, ma era sempre molto difficile far capire quanto fosse grave e diffuso il mercato illecito dei rifiuti. E quale ruolo abbiano, per i profitti che genera, le organizzazioni criminali e mafiose.”
Oggi, all’interno di una società dell’informazione sempre più complessa, come si può raccontare il mondo dei rifiuti, non solo in termini di denuncia, ma anche di risposta e di reazione? Quali sono le sfide da affrontare?
“La denuncia è stata fondamentale per far comprendere la gravità del problema e quando il termine ecomafia è entrato nel vocabolario della lingua italiana (nel 1999) è stata raggiunto un risultato importante, anche dal punto di vista culturale. Informazione, quindi conoscenza, e cultura, che vuol dire consapevolezza, sono ingredienti fondamentali per cambiare in meglio la realtà. E spingere chi ha responsabilità politiche e istituzionali a fare le leggi giuste, come quelle che hanno introdotto nel 2001 il delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, con sanzioni finalmente adeguate e strumenti efficaci a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura e soprattutto la riforma del 2015, con gli ecoreati finalmente nel nostro Codice penale, dall’inquinamento al disastro ambientale, solo per citarne due. Certo, ci abbiamo messo 21 anni, dal primo rapporto di Legambiente sull’ecomafia, ma oggi l’Italia, almeno da questo punto di vista, è un paese più civile. La sfida è quella di far diventare i comportamenti virtuosi, a cominciare dalla raccolta differenziata, la normalità, in tutto il paese. E far crescere una nuova economia, quella circolare, che trasforma i rifiuti in nuove risorse.”
Cosa racconta la conferenza-spettacolo “RIFIUTOPOLI. Veleni e antidoti”?
“Con Rifiutopoli, grazie alla sensibilità artistica di Vito Baroncini, cerchiamo di raccontare, nella maniera più semplice e diretta possibile, questo “mondo di sotto”, fatto dagli scarti quotidiani dei nostri consumi e di chi approfitta della nostra “distrazione” per trasformarli in affari criminali che avvelenano l’ambiente in cui viviamo e la nostra salute. Ma anche le storie di chi ha pagato con la vita la scelta, coraggiosa, di fare il proprio dovere e la possibilità, concreta, di trasformare l’incubo di Rifiutopoli in un sogno, molto meno immaginario di quanto siamo portati a credere: quello di un mondo senza rifiuti.”
Enrico Fontana è membro della segreteria nazionale di Legambiente e direttore del mensile La Nuova Ecologia.