La storia della Mafia
L’omertà esiste ma è estremamente soggettiva: c’è chi è omertoso per paura e chi è omertoso per collaborazione.
La storia della mafia è piuttosto particolare: soltanto dalla metà degli anni Settanta del Novecento si è iniziato a parlare delle organizzazioni mafiose, nonostante queste esistessero già dalla metà dell’800. I primi mafiosi si consideravano gli eredi dei briganti: il loro obiettivo era quello di portare giustizia ed equità laddove lo Stato non poteva o sapeva arrivare. Paradossalmente, le prime organizzazioni riuscivano a colmare molte di queste lacune: tuttavia, i metodi utilizzati contro i loro nemici sono quelli ben noti a tutti.
Nell’Ottocento le donne che portavano i pantaloni volevano assomigliare agli uomini, simbolo di potere e di appartenenza alle cosche; eppure la donna ha avuto ed ha un ruolo fondamentale nelle famiglie. Non escono quasi mai, non hanno il diritto di mettere bocca sul business degli uomini e restano nel focolare domestico a crescere i figli. I figli, gli eredi naturali dei mafiosi.
Negli anni Sessanta Chiesa e Mafia avevano due nemici comuni: liberalismo e comunismo. Sono stati molti i silenzi della Chiesa sugli omicidi mafiosi, così come sono state molte le battaglie combattute da essa contro la criminalità.
Il marchio delle organizzazioni è ovviamente l’omicidio, che avviene in ogni modo e per ogni pretesto, stragi ed omicidi hanno segnato in maniera indelebile la nostra storia: come con Falcone e Borsellino, Peppino Impastato, il generale Dalla Chiesa, Lea Garofalo, Emanuela Sansone e Maria Concetta Cacciola.
La mafia è una delle realtà più cupe e crude dell’Italia e chi continua a dire che la mafia non esiste si rende inevitabilmente complice, anche in maniera diretta.