LA STIDDA, QUESTA SCONOSCIUTA: DA GELA ALL’EMILIA ROMAGNA
Quando si parla di mafia in Emilia Romagna la prima organizzazione criminale a cui si fa riferimento è la ‘ndrangheta. Complice la grande mole di operazioni e processi degli ultimi anni, nell’immaginario comune la malavita emiliano-romagnola ha assunto nel tempo un marcato accento calabrese.
Non è così, per tanti motivi. Primo fra tutti il fatto che, come provato dalle numerose inchieste portate avanti in Emilia Romagna, sono tantissimi gli uomini e le donne nati e cresciuti in questa regione che hanno prestato il fianco alle mafie. Il secondo motivo, invece, sta in un dato: l’Emilia Romagna conta al proprio interno tutte le mafie italiane e straniere. E se la ‘ndrangheta è quella di cui più si parla è altrettanto importante, se non fondamentale, puntare i riflettori anche su tutte le altre organizzazioni criminali che si sono perfettamente adattate al territorio. Tra le più spietate, la stidda: la mafia gelese.
DESCRIZIONE
Come tutte le mafie meridionali che nel corso degli ultimi decenni si sono trasferite in pianta stabile in Emilia Romagna, anche la stidda ha cambiamento volto e attitudine. Si può parlare di metamorfosi evolutiva nel momento in cui un’organizzazione criminale di stampo mafioso abbandona definitivamente un modus operandi che negli anni ha contraddistinto ogni propria azione per assumere un nuovo atteggiamento. Non più violenza o intimidazioni, dunque. Ma un approccio completamente diverso fatto di affari, denaro e accordi sottobanco. La metamorfosi evolutiva sta proprio in questo: arrivare all’interno di un nuovo territorio, studiarne l’identità, memorizzare tutti i campi possibili di azione e infiltrazione, individuare i soggetti con cui sedersi al tavolo. Ai reati tradizionali, dunque, subentra il business e un’economia illegale che deve assolutamente mimetizzarsi con quella legale. Per farlo, ovvio, occorrono competenze e conoscenze. Proprio per questa motivazione servono i giusti agganci: i colletti bianchi. Sono loro i cosiddetti “uomini-cerniera” ovvero l’anello di congiunzione tra i mafiosi e gli imprenditori. Si tratta di tutte quelle figure professionali che, insospettate e insospettabili, sono del tutto sganciate dalle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa ma risultano fondamentali per il radicamento di quest’ultima all’interno della realtà economica locale.
Un dato da non sottovalutare, infine, è quello relativo al rapporto delle differenti mafie presenti in Emilia Romagna. Con il processo Aemilia, infatti, i riflettori sono da anni puntati sulla ‘ndrangheta e sulla cosca Grande Aracri. Questo ha permesso un abbassamento di guardia: i riflettori non guardano verso tutte le altre mafie che, approfittando di ciò, si stanno riorganizzando e riprendendo spazi che sono rimasti vacanti. Non è un caso, ad esempio, che negli ultimi mesi le indagini portate avanti dagli inquirenti stanno delineando un quadro che vede gli stiddari al centro della gestione dello spaccio di stupefacenti in regione.
MAPPATURA
Le due città in cui si registra la presenza della stidda sono Modena e Parma. Quest’ultima, in particolar modo, ospita molti soggetti appartenenti alla cosca Emanuello-Rinzivillo.