Beppe Montana

8 Gennaio 2021

Beppe Montana, nativo di Agrigento, arriva a Palermo nel 1982, all’indomani dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Insieme al vicedirigente della Mobile Antonino Cassarà, braccio destro di Falcone, diventò a soli 34 anni uno degli investigatori più abili.
In soli tre anni di attività sono tantissimi i suoi successi professionali, che vanno dai numerosissimi arresti di latitanti, alla scoperta di depositi di armi e raffinerie di droga.
In questa veste ottenne risultati di rilievo, scoprendo nel 1983 l’arsenale di Michele Greco ed arrestando nel 1984 Tommaso Spadaro (amico d’infanzia di Giovanni Falcone), divenuto boss del contrabbando di sigarette e del traffico di droga.
Le sue intuizioni più grandi sono state certamente la creazione della sezione “Catturandi”, la squadra che lavorava per arrestare i mafiosi ancora latitanti, e l’introduzione di un nuovo modello investigativo, basato sulla frequentazione e conoscenza del territorio, in cui cercava i latitanti.
Riteneva, infatti, che un capomafia non poteva allontanarsi per troppo tempo dal suo territorio, perché così facendo avrebbe perso il suo potere.
Ma è stato soprattutto il protagonista principale di una vera e propria rivoluzione culturale di quella squadra mobile.
Quando ai funerali di Lillo Zucchetto, un bravissimo investigatore della Catturandi, si rese conto che in chiesa non c’erano i palermitani, ma solo poliziotti, diede vita al Comitato Lillo Zucchetto, girando e incontrando gli studenti.

Beppe Montana viene ammazzato il 28 luglio 1985, una domenica sera, a Porticello, frazione marinara del comune di Santa Flavia (PA). Arrivato alle 21 a bordo del motoscafo “Speedy el Sud”. Dopo una giornata trascorsa con la fidanzata e gli amici, aveva deciso di portare in un cantiere di rimessaggio il motoscafo per sistemare un guasto all’impianto elettrico. I due killer lo colgono di sorpresa, mentre è in costume e sandali, ovviamente disarmato. Gli sparano in faccia quattro colpi e lo lasciano a terra in una pozza di sangue. Le armi utilizzate furono una 357 Magnum e una calibro 38 con proiettili ad espansione.
Dal giorno della sua uccisione iniziò un’estate che vide la città di Palermo immersa nel sangue delle vittime della mafia: in soli dieci giorni vennero assassinati tre investigatori della squadra mobile di Palermo, particolarmente esposti perché, secondo un gran numero di fonti unanimi, questi uomini, a partire dallo stesso Cassarà, furono lasciati soli.

Ho deciso di parlare della vita e della morte di Beppe Montana perché ho trovato la sua storia molto interessante, è stato certamente un uomo importante nella lotta contro la mafia e ne ho sentito parlare poco prima della mia ricerca. Lo associo ad un’illustrazione di PAURA/CORAGGIO, perché la mafia fa paura ma Beppe Montana ha avuto il coraggio di combatterla.


Tommaso

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LICEO CALASANZIO

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