Giancarlo Siani e Fortapasc

3 Gennaio 2021

Ho scelto di parlare di Giancarlo Siani per approfondire il concetto di coraggio.
Giancarlo Siani era un giornalista napoletano assassinato dalla Camorra il 23 settembre 1985 perchè nelle sue coraggiose inchieste per Il Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli, aveva il difetto imperdonabile di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti e di denunciare i misfatti.
La sua uccisione fu ordinata dal boss Angelo Nuvoletta, per volontà del capo di Cosa Nostra. Il motivo dell’assassinio fu un articolo del 10 giugno 1985, in cui Siani informò l’opinione pubblica che l’arresto del boss Valentino Gionta era stato possibile grazie agli alleati Nuvoletta, che tradirono Gionta in cambio di una tregua con i nemici Casalesi.
Gli esecutori materiali e i mandanti dell’omicidio sono stati assicurati alla giustizia e condannati all’ergastolo dalla Corte di Assise di Napoli nel 1997.
Egli scriveva di cronaca nera. Occupandosi di cronaca nera e di omicidi di camorra, il giornalista incominciò a indagare sulle alleanze dei camorristi annunziatesi con i reggenti di altri clan della Campania e scoprì vaste aree di corruzione e connivenze tra politici e criminalità organizzata.
Tutti gli articoli che pubblicò gli costarono la vita. E’ possibile che chi scrive di certi argomenti, chi vive in certi contesti, paghi con la vita per quello che scrive. Qui è possibile…
Giancarlo, riusciva ad andare, nei suoi articoli, al di là del dato di cronaca e provava a ricostruire gli scenari di camorra, gli equilibri di potere.
Giancarlo Siani formulava nuove ipotesi di senso attraverso gli elementi che scovava sul campo o gli venivano forniti dai fatti. Il suo era un giornalismo fondato sull’analisi della camorra come fenomenologia di potere e non come fenomeno criminale. Fare congetture, formulare l’ipotesi, divenivano nei suoi articoli strumenti per comprendere le articolazioni tra camorra, imprenditoria e politica.
Giancarlo non era ancora un giornalista, era un “abusivo”, non aveva ancora nessuna garanzia, nessuna tutela, ma sapeva che l’unico modo per diventare giornalista era lavorare sodo, studiare, informarsi, andare sul posto.
Giancarlo è diventato in questi anni il simbolo di tutti i precari dell’informazione che allora come oggi, senza garanzie, raccontano le notizie più scomode e scarpinano per trovarle.
Nel corso della prima edizione del Festival Internazionale di Giornalismo Civile, Efraim Medina Reyes, scrittore colombiano, ha detto: “Colui che ordinò di uccidere Siani voleva cancellare il suo volto e la sua voce per sempre.
L’unica risposta che possiamo dare a questo crimine atroce è mantenere vivo il suo ricordo. Dimenticandolo diventiamo il suo assassino”.
Non dobbiamo dimenticarlo ma dobbiamo batterci con tutte le nostre forze per tenere vivo il suo ricordo e provare, come Giancarlo Siani a cambiare questa città, questa Italia. Dipende anche da noi, dalla nostra capacità di rispettare le regole, tutte le regole.
Ecco l’impegno straordinario di un aspirante giornalista che, pur nel breve tempo che la violenza assassina gli ha concesso, con tenacia e qualità ha lasciato il segno della voglia di cambiamento, che può essere fonte di ispirazione per tanti giovani. Di qui l’invocazione a non dimenticare e ad operare nel rispetto della legalità anche nel suo nome.
Egli ha avuto coraggio nel scrivere, denunciare, fatti che misero a rischio la sua vita. Il suo coraggio va ricordato a vita, perchè non tutti, per paura, farebbero quello che ha fatto lui.
Il sacrificio di Giancarlo Siani ha ispirato autori e anche registi. A lui tra l’altro è dedicato il film “Fortapàsc” di Marco Risi.
Fortapàsc è un termine che evoca il Fort Apache della tradizione western rendendo il senso dell’assedio alla città da parte della malavita.
Questo film narra la breve esistenza e la tragica fine del giornalista Giancarlo Siani.


Amanda

Carcare

LICEO CALASANZIO

2D

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