“Ormai il fumetto ha dimostrato di essere in grado di raccontare qualsiasi argomento, anzi si è rivelato particolarmente efficace se applicato a temi impegnativi”.
Pietro Scarnera
Giulia Calì, laurata in Arti Visive, intervista Pietro Scarnera, autore e docente di Fumetto e Illustrazione per Artists@Work. A@W, progetto di formazione e produzione rivolto a 120 artisti, è cofinanziato dal Programma Europa Creativa dell’Unione Europea, ed è promosso da Fondazione Unipolis, Atelier Varan, Cinemovel Foundation, Libera Associazioni, nomi, numeri contro le mafie, Udruzenje Tuzlanska Amica.
Candidature aperte fino al 22 novembre 2017.
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Partiamo dal presupposto che tu sei un fumettista nelle cui vene scorre sangue di un giornalista.
Nel tuo lavoro “Una stella tranquilla. Ritratto sentimentale di Primo Levi” (2014), con cui ti sei aggiudicato il Premio Rivelazione al Festival International de la Bande Dessinée d’Angoulême, hai utilizzato il linguaggio del fumetto per raccontare la memoria di ciò che è rimasto; hai portato in superficie, con la tua matita, testimonianze di vita vissuta tra storia e letteratura. È possibile affermare che il tuo essere giornalista non può escludere il tuo essere fumettista? Come riesci quindi a far coesistere narrazione visiva e narrazione testuale nei tuoi lavori?
Si può dire che la mia formazione è stata duplice. Per molti anni “fare fumetti” è stata solo una vaga ambizione, probabilmente perché non sentivo di avere qualcosa da raccontare. Nel frattempo lavoravo come giornalista, in un ramo molto particolare del giornalismo, quello delle agenzie di stampa. Molto spesso il lavoro consisteva nel dare forma a del materiale grezzo: conferenze stampa, convegni, rapporti pieni di dati… e in più era un lavoro quotidiano, ogni giorno bisognava scrivere uno o due “lanci” di agenzia. Quando ho cominciato a fare fumetti, questo si è rivelato un ottimo esercizio, perché mi ha allenato a capire cosa è rilevante in una storia e cosa no. Ma non è una cosa che ho scoperto io, molti scrittori sono stati anche giornalisti (Dino Buzzati, per dirne uno che è stato anche fumettista). In generale, penso che il lavoro di scrittura quotidiano che richiede il mestiere giornalistico sia un’ottima palestra per chiunque voglia raccontare.
Hai mai pensato a una trasposizione filmica, attraverso le tecniche d’animazione, di uno dei tuoi lavori passati o di un progetto futuro?
I due libri a fumetti che ho pubblicato non si presterebbero molto bene a una trasposizione, ma è vero che il fumetto è un po’ un fratello del cinema (hanno anche più o meno la stessa età), perché entrambi si basano sul ritmo e sulle immagini in sequenza. Forse proprio per questa vicinanza, di solito le trasposizioni migliori sono quelle che più “tradiscono” i fumetti da cui sono tratte. L’animazione invece è un altro campo ancora, con regole diverse da quelle del fumetto. Trovo che siano molto interessanti alcuni esperimenti recenti in cui il disegno diventa un inserto del film, ad esempio in “Kurt Cobain: Montage of Heck”.
Quest’anno condurrai un workshop sul fumetto e sull’illustrazione all’interno del progetto Artists@Work, pensato per giovani artisti che si dedicano al fumetto non solo per approfondire e migliorare la tecnica, ma soprattutto per indagare i diversi temi che possono essere trattati, in particolare quello sociale. Cosa ne pensi di questo progetto?
Credo che sia al passo con i tempi. Ormai il fumetto ha dimostrato di essere in grado di raccontare qualsiasi argomento, anzi si è rivelato particolarmente efficace se applicato a temi impegnativi (conflitti, malattie, in generale tutti i temi di stampo sociale). Siamo però ancora all’inizio di un’esplorazione delle possibilità del fumetto. Se mi è concessa una metafora musicale, è un periodo “punk”, in cui si è capito ad esempio che non è necessario essere dei mostri del disegno per fare fumetti (anche se questo non vuol dire non avere un proprio stile), ma che è più importante avere una storia da raccontare. In più il fumetto e l’illustrazione sono molto efficaci in un mondo che si nutre sempre più di immagini.
Quanto è importante, secondo te, la consapevolezza critica, la memoria storica, l’informazione e la divulgazione per un giovane che inizia, oggi, a dedicarsi al genere del fumetto?
Anche se i fumetti per molto tempo sono stati considerati una forma d’intrattenimento per ragazzi, i fumettisti sono spesso stati persone di grande cultura. Dietro le opere di Hugo Pratt e Tiziano Sclavi, per esempio, c’è una grande preparazione culturale e soprattutto una curiosità inesauribile. Credo che per chi si avvicina al fumetto sia importante avere questo approccio: leggere molto (non solo fumetti), guardare tanti film, viaggiare se è possibile, e soprattutto essere curiosi.